-
da sinistra, in piedi: Antonella Fidanza, Paola Toschi, Marta Czernik, Fiorella Di Egidio, Lino Loi, Domenico Iuso; sedute: Grazyna Ptak, Federica Zacchini e Antonella D'Agostino
Nei laboratori
della Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Teramo , in collaborazione con
l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise, è stato prodotto per la prima volta un
androgenote di pecora, embrione frutto della fusione di due DNA maschili,
anziché di due soggetti di sesso opposto.
Si
tratta di una novità assoluta
perché in passato erano stati ottenuti
androgenetici solo da una specie animale, il topo, mentre il risultato
raggiunto nei laboratori dell'Ateneo di Teramo riguarda un embrione di animale di interesse veterinario, in avanzata
fase di sviluppo.
L'esperimento
rientra nel progetto di ricerca "IDEE"
finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca.
«Lo
scopo di questa ricerca - spiega la
coordinatrice del progetto Grazyna Ptak - non è quello di promuovere
stravaganti esperimenti per ottenere "bambini" in modo poco convenzionale, ma
quello di studiare le origini di alcune patologie nella gravidanza della donna,
come quelle che, per esempio, determinano la nascita di neonati soprappeso o
sottopeso. Gli embrioni monoparentali forniscono l'unico modello per studiare
le origini di queste patologie».
«La
cosa che mi entusiasma di più - aggiunge la docente della Facoltà di Medicina
Veterinaria - è che al momento non sappiamo nulla di questi androgenoti perché
non esiste descrizione della loro morfologia in nessuna specie animale, nemmeno
nel topo».
«In
seguito all'evento fecondativo - prosegue la Ptak - i DNA materno e paterno
hanno un ruolo complementare nello sviluppo fetale. Sulla base di questo ruolo,
l'ipotetico androgenote, contenente solo geni paterni, viene sempre descritto
come un feto fortemente iposviluppato con una placenta sproporzionata, mentre
il partenogenote, avente solo geni materni, è un feto con la placenta
iposviluppata. Questo in teoria: quali sono i meccanismi che regolano il diverso
sviluppo dei due feti li verificheremo con lo studio del nostro embrione appena
prodotto».
Gli
embrioni androgenotici frutto del lavoro nei laboratori dell'Università di
Teramo sono stati prodotti tramite micromanipolazione dei gameti da parte di due
giovanissime ricercatrici dell'Ateneo, la biologa Marta Czernik e la
biotecnologa Federica Zacchini, sotto la
guida di Pasqualino Loi, uno dei massimi esperti del settore.
Alla fase di
trasferimento e recupero degli embrioni hanno collaborato altre ricercatrici
dell'Università di Teramo: Fiorella Di Egidio, medico veterinario; Antonella
D'Agostino, farmacologa; Paola Toschi e Antonella Fidanza, biotecnologhe della
riproduzione.