APPRODA A FANO LA MOSTRA FOTO-DOCUMENTARIA “I FIORI DEL MALE. DONNE IN MANICOMIO NEL REGIME FASCISTA”

Teramo, 24 aprile 2017 ‒ Dopo Teramo, Roma, Bolzano, Chieti e Ascoli Piceno, dal 27 aprile al 6 maggio prossimo sarà esposta a Fano la mostra “I fiori del male . Donne in manicomio nel regime fascista” realizzata dalla Fondazione Università degli Studi di Teramo e curata dalla ricercatrice dell’Ateneo Annacarla Valeriano e dallo storico Costantino Di Sante. Si tratta di un’iniziativa promossa all’interno del progetto MIUR #tuconme contro le discriminazioni e le violenze sessiste di cui è ente capofila l’IIS Polo Tre Fano.

La mostra, ospitata al Foyer del Teatro della Fortuna, sarà inaugurata giovedì 27 aprile alle ore 11.30 con un convegno al quale parteciperanno Antonella Amirante (IIS Polo Tre Fano) con un intervento dal titolo “Con parole loro. Le pazze raccontano”, Ilaria Biagioli (Università di Modena e Reggio Emilia) che parlerà di “Pazzia e storie di donne”, Annacarla Valeriano (Archivio audiovisivo della memoria abruzzese) con la relazione “Pericolose a sé e agli altri. Donne in manicomio prima e durante il fascismo”, Paolo Giovannini (Università di Camerino) che racconterà dell’Ospedale psichiatrico di Fermo e Costantino Di Sante (ISML Ascoli Piceno) che approfondirà il tema “Dal passato alla storia attraverso una mostra”.

L’idea della Fondazione Università degli Studi di Teramo di realizzare una mostra sulle donne ricoverate in manicomio durante il periodo fascista è nata dalla volontà di restituire voce e umanità alle tante recluse che furono estromesse e marginalizzate dalla società dell’epoca.

«Figlie, madri, mogli, spose, amanti: donne vissute durante il Ventennio. Ai volti delle ricoverate – si legge in una nota di presentazione ‒ sono affiancati diari, lettere, relazioni mediche che raccontano la femminilità a partire dalla descrizione di corpi inceppati e restituiscono l’insieme di pregiudizi che hanno alimentato storicamente la devianza femminile».

«Ci è sembrato importante ‒ spiegano i curatori della mostra ‒ raccontare le storie di queste donne a partire dai loro volti, dalle loro espressioni, dai loro sguardi in cui sembrano quasi annullarsi le smemoratezze e le rimozioni che le hanno relegate in una dimensione di silenzio e oblio. Alle immagini sono state affiancate le parole: quelle dei medici, che ne rappresentarono anomalie ed esuberanze, ma anche le parole lasciate dalle stesse protagoniste dell’esperienza di internamento nelle lettere che scrissero a casa e che, censurate, sono rimaste nelle cartelle cliniche».

REDAZIONE UFFICIO STAMPA

 
Ultimo aggiornamento: 24-04-2017