Tsunami e dispersione di specie marine: Giovanni Di Guardo e Sandro Mazzariol su "Science"

La prestigiosa rivista Science ha recentemente ospitato un interessante articolo a firma di James Carlton e Collaboratori, in cui viene riportata la dispersione “tsunami-indotta”, attraverso l’Oceano Pacifico e per migliaia di chilometri, di ben 289 diverse specie marine più o meno filogeneticamente distanti fra loro.

 

Il fenomeno, mai descritto in precedenza, ha rappresentato una delle tante, allarmanti conseguenze del drammatico evento sismico che ha colpito il Giappone nel marzo 2011 e del conseguente tsunami che a sua volta ha causato la dispersione, nell’arco dei successivi 6 anni, di numerosissime specie di invertebrati marini dalle coste orientali giapponesi fino a quelle pacifiche nord-americane e hawaiane. Una così singolare “migrazione passiva” di specie acquatiche da una sponda all’altra dell’Oceano Pacifico è stata fortemente agevolata dagli innumerevoli rifiuti di materiale plastico presenti in mare (cosiddette “microplastiche”), che i succitati organismi avrebbero utilizzato alla stregua di vere e proprie zattere, giustificando in tal modo l’esistenza del preoccupante binomio “microplastiche-invasione di specie aliene”.

 

Secondo un recente documento elaborato dal World Economic Forum, infatti, se il rapporto fra “contaminazione da microplastiche”, da un lato, e “quantità di ittiofauna” presente nei mari del mondo, dall’altro lato, sarebbe al momento attuale pari a 1 a 5, questo rapporto potrebbe risultare paritetico - in assenza di interventi correttivi “radicali” - nell’anno 2050, allorquando si prevede, secondo la Rivista Nature, l’estinzione del 15-40% delle specie viventi attualmente note.

 

E se fra le specie che sono risultate vittime della “dispersione transoceanica” appena descritta su Science vi fossero anche una serie di microorganismi patogeni, alcuni dei quali in grado di esercitare un consistente impatto sulla salute e sulla conservazione della cetofauna popolante i mari del Pianeta? Questa la domanda che trova riscontro in una Letter to the Editor pubblicata su Science a firma di Giovanni Di Guardo, professore associato e docente di Patologia generale e fisiopatologia veterinaria all’Università di Teramo, e di Sandro Mazzariol, ricercatore del Dipartimento di Sanità pubblica, patologia comparata e igiene veterinaria dell’Università di Padova.

 

Più in particolare, Di Guardo e Mazzariol si chiedono come possa giustificarsi la presenza dell’infezione da Toxoplasma gondii, un importante agente protozoario dotato di comprovata capacità zoonosica, in Cetacei che vivono “in mare aperto”. Questo è il caso, ad esempio, della stenella striata (Stenella coeruleoalba), un delfino “pelagico” assai diffuso nel Mediterraneo e, più in generale, nelle acque temperate e tropicali di tutti i mari del mondo, in cui l’infezione da T. gondii può evolvere in una meningo-encefalite a esito fatale, come segnalato da Di Guardo e Collaboratori in più esemplari rinvenuti spiaggiati fra il 2007 e il 2008 lungo le coste della Liguria.

 

A tal proposito, è opinione largamente condivisa da parte della Comunità Scientifica che T. gondii colonizzerebbe l’ambiente marino a partire dalla terraferma; ne consegue che risultano largamente ignote, a tutt’oggi, le modalità attraverso cui animali “pelagici” quali le stenelle striate potrebbero acquisire l’infezione protozoaria, una lacuna conoscitiva alla quale andrebbe aggiunta quella, non meno rilevante, derivante dal fatto che non è mai stata descritta per T. gondii l’esistenza di un ciclo biologico (interamente o prevalentemente) “marino”. Pertanto - concludono Di Guardo e Mazzariol - studiare gli tsunami, gli eventi sismici e, più in generale, tutti quei fenomeni e processi meteo-marino-climatologici (come, per esempio, il riscaldamento globale) in grado di modificare il moto ondoso degli oceani e dei mari del mondo potrebbe portare, fra le altre cose, a una migliore conoscenza delle dinamiche d’interazione fra animali “pelagici” e agenti infettivi “a trasmissione oro-fecale”, qual è appunto T. gondii.

 

La Letter di Giovanni Di Guardo e Sandro Mazzariol può essere scaricata al link http://science.sciencemag.org/content/357/6358/1402/tab-e-letters

 
 
Ultimo aggiornamento: 19-01-2018